Rajapack sostiene l’arte

4 minuti 12 maggio 2014

Raja ha ospitato, presso la fondazione Villa Datris, SCULPTRICES, un’esposizione alla scoperta della scultura femminile.

Era presente la scultrice italiana Elisabetta Casella.

 

Intervisto Elisabetta nella cascina-laboratorio in cui vive.

La nostra chiacchierata ha per cornice i suoi 20 gatti e la sua arte: i quadri, le sculture, ma anche le sedie nastrate, il tavolo in legno blu profondo per la colazione, i cassetti candidi merlettati, le assi delle porte sbiancate.

1)   Come sei arrivata a Villa Datris?

 

Avevo esposto alcune mie opere nelle cantine del castello di Rivalta, in occasione della convention aziendale della Rajapack. Ero tornata a casa insoddisfatta. Avevo portato dei lavori sbagliati, piccoli, che si perdevano nei saloni enormi della rocca, nessuno li avrebbe notati.

Ma nel cuore della notte ho ricevuto prima un sms e poi una chiamata, direttamente da Danièle Kapel: voleva vedere meglio tutte le mie opere.

Questa donna, che non conoscevo ancora, mi aveva subito colpita. Aveva saputo guardare. Si era fermata. Aveva colto i dettagli.

Il giorno dopo ho potuto mostrare una trentina di mie opere nel contesto pulito di una galleria, a Pavia, e mi è stato chiesto di esporre a Villa Datris.

Oggi nel mondo dell’arte le relazioni pubbliche sono importantissime, non mi aspettavo che potessero ancora esistere gli incontri casuali; invece ho trovato Danièle, una persona onesta, corretta, mi ha sorpreso.

 

2)   Cosa ha rappresentato per te Villa Datris?

 

Spesso alle inaugurazioni l’attenzione è più per il bicchiere di vino che non per l’opera d’arte.

A Villa Datris, invece, ho trovato un fermento artistico sincero, una riflessione sulle opere rispettosa del lavoro dell’artista. Un luogo oltre la superficialità.

Ero entusiasta di trovare una simile concentrazione di scultrici di così alto livello, una rarità nell’arte delle grandi cifre, perlopiù maschile.

Ero emozionata, temevo che i miei lavori non reggessero il confronto …

 

Hanno retto?

 

Hanno retto. Ho scambiato i contatti con diverse artiste, per es. con l’Apollonio di Padova e con il fotografo che l’accompagnava .

Sono grata a Danièle, per il modo in cui mi ha permesso di arrivare a questa esposizione, ma anche alla Fondazione Datris, per l’organizzazione impeccabile.

3)   Noi come gruppo Raja ci impegniamo costantemente per il riciclo. Nella poesia per te di Maurizio Meschia compaiono le evocative bende del paesaggio, quali materiali utilizzi per le tue opere?

 

Le mie opere sono stratificazioni. Dai materiali arrivano suggerimenti. Per esempio una delle mie prime sfere è nata da una palla di polistirolo scartata da un’impresa. I chiodi delle mie opere arrivano dai bancali in legno, i fili di ferro e la plastica dalle discariche delle imprese. Il mio è un riciclo totale, molti imprenditori mi lasciano rovistare tra i loro scarti. Mi dedicano volentieri un po’ del loro tempo perché gli offro,  per qualche istante, una visione del mondo singolare.

Affronto la stratificazione materica con consapevolezza, con rigore.

All’inizio c’è la casualità, o un episodio. Ho iniziato ad avvolgere le palle per rabbia, quando la burocrazia sanitaria mi stava portando via la persona più cara, ma poi le ho domate attraverso le mani e la testa.

Mentre le avvolgevo avevo già in mente un’icona precisa.

Sono gelosa della stratificazione della storia negli oggetti. Raccolgo tutto. Ci sono i pezzi di storia delle persone care: il velo da messa di mia nonna o la maglietta di Paolo (il compagno scomparso recentemente per una malattia rara), che ora ho stratificato nell’opera “Arrivederci”. Ci sono le schiene dei vecchi armadi sbarcate e buttate, a cui riservo una fine gloriosa: diventano le mie tele.

Non utilizzo gomme e non pulisco le tele, al massimo passo una mano di bianco leggera che lasci scorgere la storia in trasparenza.

Adoro le imperfezioni.

 

4)   In futuro utilizzeresti alcuni dei cartoni che scartiamo?

 

In questo momento sono totalmente focalizzata sulla ceramica, ma la mia ricerca non si ferma mai. Perché no?

Attraverso Villa Datris Rajapack sostiene gli artisti come Elisabetta Casella
Elisabetta Casella

 

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